LA SCIALOENDOSCOPIA

LA SCIALOENDOSCOPIA

Le scialoadeniti ostruttive si manifestano con un improvviso aumenento di volume delle ghiandole salivari maggiori, solitamente durante i pasti. L’eziologia più frequente è quella legata ai calcoli salivari presenti in circa il 66% delle scialoadeniti ostruttive., rappresentando circa il 50% delle patologie delle ghiandole salivari maggiori. La scialoadenite litiasica colpisce circa l’1,2% della popolazione generale, è più frequente negli uomini con un picco di incidenza tra i 30 ed i 60 anni.

Nell’80-90% dei casi sono colpite unilateralmente le ghiandole sottomandibolari. Stenosi, accumuli di muco denso, anomalie anatomiche duttali, tessuto cicatriziale e corpi estranei possono essere altre cause di ostruzione.

Le tecniche radiologiche più usate per lo studio delle ghiandole salivari sono soprattutto l’ecografia, la TC e la risonanza magnetica. Queste sono tecniche non invasive con una buona accuratezza nella diagnosi della scialolitiasi, ma hanno il limite nella difficolta di diagnosticare calcoli non calcifici, accuuli di muco e stenosi.

La scialografia è ancora considerata una delle radiografiche più valide nella diagnosi delle ostruzioni non litiasiche, ma presenta una certa invasività e non mostra l’anatomia loco-regionale. A differenza di queste tecniche radiologiche puramente diagnostiche, la scialoendoscopia permette una accurate diagnosi dellla localizzazione e della natura dell’ostruzione, permettendo nella maggior parte dei casi un approccio terapeutico mini-invasivo.

La procedura chirurgica inizia dopo aver effettuato un’anestesia locale con tampocini imbevuti con lidocaina e successivamente infiltrazione a livello della zona vicina allo sbocco del dotto. Si procede alla dilatazione progressive del dotto con piccolo specilli di diametro cresente sino a raggiungere quello dello scialoendoscopio (1,3 mm) che viene quindi introdotto all’interno del dotto. Può a volte essere necessaria, se non è sufficiente la dilatazione, una piccola incisione della parte più distale del dotto.

Una volta introdotto lo strumento si procede alla dilatazione del dotto tramite soluzione fisiologica ed anestetico iniettati attraverso un canale operativo dello stumento procedendo quindi all’esplorazione delle ramificazioni duttali. Se vengono incontrate delle stenosi queste possono essere dilatate con lo stumento stesso o con cateteri a palloncino, eventuali accumuli densi di muco vengono lavati via e se vengono individuati calcoli salivari possono essere asportati endoscopicamente con un cestello sino ad un diametro massimo di circa 5 mm. Le complicanze sono molto rare in questa procedura, manifestandosi solitamente solo una tumefazione temporanea post-operatoria della ghiandola dovuta all’irrigazione intraduttale.

– Dilatazione progressiva del dotto di Wharton

– Papillotomia con bisturi a freddo (A) e con bisturi a radiofrequenze (B)

– Scialoendoscopio

– Fasi di estrazione di un calcolo

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